Educare il cuore: un lavoro che rende giovani

pensare-col-cuore-300x292 Quando incontro i vostri figli spiego loro la differenza tra emozioni, sentimenti e passioni. Come potranno infatti gestire la dimensione affettiva se non sanno dare un nome a ciò che provano o se confondono tra loro queste tre manifestazioni dell’affettività? Ecco, penso che sia necessario che anche un genitore sappia spiegare ai figli questa differenza tanto importante”.

Dicevo così, tempo fa in una città del nord Italia, durante un incontro sull’educazione affettiva dei preadolescenti, rivolgendomi ai loro genitori. Avevo appena terminato di pronunciare queste parole e stavo per cambiare discorso quando, dal fondo della sala, una mamma ha alzato timidamente la mano e mi ha chiesto, tra le risa divertite e al contempo interessate di tutti gli altri: “Scusi, potrebbe spiegare anche a noi che differenza c’è tra emozioni, sentimenti e passioni?”

Effettivamente, in un mondo nel quale la dimensione affettiva ha spesso un peso sproporzionato rispetto alle altre, non è strano che ad essere confusi e disorientati siamo anche noi adulti, che respiriamo lo stesso clima culturale nel quale crescono i nostri ragazzi. Non si tratta soltanto di conoscere le differenze tra emozioni, sentimenti e passioni ma soprattutto di essere consapevoli della loro influenza sulla personalità dei nostri figli, sulla loro crescita equilibrata e la loro capacità di vivere relazioni serene e positive. Il nostro compito, non dimentichiamolo, è quello fornire loro un orizzonte di senso all’interno del quale essi imparino a dare un nome a ciò che provano e soprattutto ad entrare in contatto con il proprio mondo affettivo. Ma come potremo riuscirci se neanche noi conosciamo bene i modi in cui si esprime la dimensione affettiva di una persona?

E allora proviamo a fare chiarezza, cominciando dalle emozioni. I genitori di un figlio adolescente dovrebbero sapere innanzitutto che il cervello di un ragazzo funziona in maniera molto diversa da quello degli adulti, perché la parte cognitiva si sviluppa più tardi rispetto a quella che elabora le emozioni, che in adolescenza è in piena e caotica attività. Ecco perché adolescente agisce molto spesso d’impulso senza chiedersi a quali conseguenze porta una determinata azione. È come se mancasse quel filtro mentale che, nel cervello di un adulto, permette di riflettere bene prima di agire. Se poi pensiamo che le emozioni sono brevi, improvvise e intense e che, per queste caratteristiche, riescono spesso a offuscare e annebbiare la dimensione razionale, ci verrà più facile comprendere l’enorme influenza che esse hanno sull’agire degli adolescenti e forse ci aiuterà a non rispondere impulsivamente di fronte ai loro comportamenti spesso irrazionali. Non succede anche a noi di avere delle difficoltà quando siamo presi da emozioni come l’ansia, la vergogna, la commozione, la paura o l’euforia improvvisa? Ecco, pensiamo che negli adolescenti questa difficoltà è “strutturalmente” maggiore.

Ma l’educazione del cuore non riguarda solo le emozioni. Accanto ad esse ci sono i sentimenti, che a differenza delle prime, si possono educare più facilmente. I sentimenti sono meno intensi e più duraturi delle emozioni. Essi si sviluppano nel tempo, sono più facili da gestire e possono essere coltivati e sviluppati se sono positivi (come la gioia, l’affetto, la simpatia, la stima) , oppure contrastati se si tratta di sentimenti negativi (come la malinconia, la tristezza, la gelosia, l’invidia). I sentimenti hanno il potere di condizionare il nostro modo di vedere la realtà, in positivo o in negativo. Ma soprattutto, proprio perché possono essere condivisi più facilmente delle emozioni, ci permettono di entrare in relazione con gli altri.

Poi ci sono le passioni, tanto importanti quanto faticose e difficili da coltivare. Quando chiedo ai ragazzi se oggi sia più facile vivere di emozioni, sentimenti o passioni, la risposta è sempre la stessa: è molto più facile vivere di emozioni, non devi far nulla, esse ti arrivano addosso e se sono piacevoli ne devi solo approfittare e goderne. Ma – continuo a chiedere loro – qual è il prezzo da pagare se si vive soltanto di emozioni? Perché la nostra epoca è molto emotiva e poco passionale? Forse la risposta a questa domanda sta nella radice greca (pathos) della parola “passione”, che è la stessa di “patire”, un verbo che oggi fa paura a tanti giovani e adulti, troppo abituati alla vita comoda. Eppure una vita senza passioni è una vita insipida, senza sapore, apatica. Una vita piatta. Una vita che, nei casi più estremi, porta a convincersi che non vale la pena di essere vissuta. Le passioni sono il motore della vita, sono quella forza che, se è positiva, è capace di smuovere in noi risorse ed energie inimmaginabili. Per questo è importante che l’educazione del cuore passi necessariamente dall’aiutare i ragazzi a sviluppare passioni belle: sport, hobby, interessi, ma anche vivere realtà come l’amore, l’amicizia, la relazione, lo studio, il lavoro, come delle vere e proprie passioni.

“Credo che tu sia stata la prima persona a spiegarmi la differenza tra emozioni, sentimenti e passioni e perchè sono necessarie ma non possono fare a meno della ragione”. Così mi disse qualche tempo fa una ragazza di un liceo palermitano. Il cuore non può fare a meno della ragione, anzi, con questa deve imparare a dialogare e trovare il giusto equilibrio, perché una persona troppo affettiva sarà costantemente in balia dei propri stati d’animo, mentre una troppo razionale farà fatica ad entrare in relazione con gli altri.

Favorire il dialogo interiore tra questa dimensione affettiva e quella cognitiva, fatta di valori, principi morali, desideri, ideali, è uno dei compiti educativi più importanti per i genitori. Trascorrere più tempo con i figli, parlare con loro e soprattutto ascoltarli permetterà di aiutarli a riconoscere e interpretare meglio le proprie dinamiche affettive e a dare un nome alle emozioni ed ai sentimenti che provano. Comprendere meglio i cambiamenti dell’adolescenza che riguardano soprattutto la sfera affettiva, aiuterà i genitori ad avere più pazienza nei confronti dei continui sbalzi di umore che caratterizzano questo periodo della vita. Accettare gli errori, le cadute, i fallimenti dei figli in questa età così difficile li aiuterà a fondare la vita un po’ di più su ciò che rimane – e l’amore incondizionato dei genitori per loro è una di queste realtà – e un po’ meno su ciò che è mutevole e cangiante, come spesso sono gli affetti e i sentimenti.

Ma c’è un’ultima, importante, considerazione da fare: educare il cuore dei nostri figli ha un incredibile effetto benefico sulla nostra sfera affettiva. “I miei genitori è come se non avessero mai avuto sedici anni. Non mi capiscono. Sono vecchi”. A volte è proprio così, siamo vecchi, come mi disse tempo fa una ragazza parlando dei suoi. Siamo vecchi e non è questione di età anagrafica. Siamo vecchi perché forse abbiamo perso la giovinezza del cuore.

L’educazione, nella misura in cui decidiamo di rimetterci in gioco per il bene dei nostri figli, è il migliore antidoto alla vecchiaia: ci avevate mai pensato?

Saverio Sgroi

(fonte: lasfidaeducativa.it)